Non mi sono ancora premurato di parlare della capitale della cultura di quest’anno, cioè Procida.
Abbastanza sconosciuta per gli italiani, Procida è in realtà un contesto idilliaco in cui recarsi per una splendida vacanza culturale, ma anche a forte impronta naturalistica.
Le sue tipiche casette multicolori aggiungono senz’altro un tono folkloristico all’insieme, che nell’immaginario comune è ai primi posti nella lista dei ricordi di chi vi ha passato qualche giorno, settimana, o anche solo poche ore in un assolato pomeriggio estivo.
Rispetto alla vicina Ischia è più piccola, più raccolta ma non per questo carente dal punto di vista delle suggestioni. Come Ischia, anche qui i porticcioli e i pescatori profumano l’aria.
Io l’ho conosciuta per la prima volta sullo schermo, con “Il postino” di Troisi, e già ricordo un senso diffuso di pace e serenità.
Ma è il momento di passare da queste romantiche suggestioni alle più concrete osservazioni sul perché quest’isolotto sia stato eletto capitale della cultura nel 2022.
Si parte da palazzo Montefusco, per passare alla bellissima chiesa di Santa Maria delle Grazie, per proseguire alla mole di Terra Murata, dove vi fu il primo insediamento dell’isola.
Nella mole troviamo l’antica prigione e i resti del convento, e da qui si può proseguire verso l’abbazia di San Michele.
Non dimentichiamo l’ex carcere, il palazzo degli antichi governanti settecenteschi D’Avalos.
Concludo questa panoramica con l’ottocentesco santuario di San Giuseppe.
Ma quindi, perché proprio Procida è diventata capitale della cultura?
Non ho elencato molti manufatti storici e non ho parlato di vicende particolarmente rilevanti per la vita culturale del Paese, che si sono svolte a Procida. Questo, perché la designazione di capitale della cultura ambisce anche a premiare il modello di sostenibilità abitativa, tecnologica e sociale dell’isola.
Un turismo slow potrebbe riguardarla, e questa sarà senz’altro la maggior conquista derivante dall’agognato titolo.