Lo chiamavano l’eroe multiforme (politropos, in greco antico): Ulisse come personaggio reca in sé profondi conflitti e ambiguità, ma anche capacità apparentemente contrastanti che gli consentono delle climax meno problematiche rispetto ai commilitoni.
Ce lo dice l’Iliade, ce lo spiega meglio l’Odissea, ma ce lo racconta ugualmente bene l’Ulisse di James Joyce, probabilmente una delle sue opere più note.
Ulisse
L’Ulisse di Joyce è un romanzo sperimentale che all’inizio del secolo scorso ha convinto tutto il mondo atlantico in un giudizio di unanime stupore.
Quello che molti non sanno è che forse la vocazione dell’Ulisse era seriale: fu inizialmente pubblicato a puntate sulla rivista britannica The Little Review, e questi stralci sono stati subito apprezzati e diffusi tramite passaparola più o meno accademici.
A proposito di accademia, va detto che è molto fruttuoso nei paesi anglosassoni dedicarsi all’analisi critica di Joyce: il testo è talmente enigmatico, ambiguo e complesso da dare adito a molte interpretazioni, spesso discordanti, ancor più spesso meno comprensibili del testo originale. Ma del resto, sempre di critica letteraria stiamo parlando, quindi di un genere letterario a parte!
Sorprendentemente, forse, anche dopo cento anni di intensa attenzione degli studiosi per l’intero canone joyciano, resta ancora molto lavoro interpretativo da fare. Non sorprende che, data la perdurante popolarità di Joyce, continuino a emergere opere importanti e utili, rivolte a tutti, dal neofita dell’avventura letteraria all’esperto joyciano.
Potremmo paragonarlo al nostrano Dante, si parva licet componere magnus (scusatemi, sono patriottico).
I luoghi per Joyce
A parere di un filone di critica joyciana, dobbiamo considerare l’opera del maestro filtrandola con gli occhi dei paesaggi che i suoi personaggi calcano.
Abbiamo la sporca Dublino, teatro di inquietudine, quasi ansia, e senso di costrizione.
Abbiamo Parigi, Zurigo, la nostra Trieste.
Però a me piace anche considerare la comunanza intellettuale, o meglio la formazione di un’élite, che secondo me è poi quella che va a formare e costituire una nuova linea di pensiero. A fianco di Joyce abbiamo quindi Ezra Pound e Sylvia Beach, ma anche molti altri, di cui parlerò meglio più avanti.