Una domanda che già durante i miei studi superiori era vituperatissima dagli insegnanti di lettere. Ma ancora oggi ha senso secondo me chiederselo: perché studiamo ancora greco antico in Italia?
In Italia, lo studio del greco antico ha radici storiche profonde e risale a diverse motivazioni storiche, culturali e educative.
Eredità culturale
L’Italia ha una lunga e ricca eredità culturale che risale all’antica Roma e alla Grecia classica. Lo studio del greco antico è stato storicamente considerato parte integrante di un’istruzione classica, contribuendo a comprendere meglio le radici della cultura europea.
Per non parlare poi del Rinascimento. L’umanesimo ha senz’altro portato a una rinascita dell’interesse per la cultura classica. Sono stati gli umanisti a dettare un nuovo “canone” di letture, plasmando in sostanza l’istruzione superiore “buona”, da distinguersi da quella che indirizzava verso un percorso lavorativo standard.
Molte parole italiane derivano inoltre direttamente dal greco antico. Ricordo un compagno di scuola che, dopo il Liceo Classico, si iscrisse a Medicina. Si vantò di aver superato l’esame di Anatomia quasi integralmente di rendita, ricostruendo le etimologie sulla base del termini greci.
Un po’ una boutade, ma forse una briciola di vera c’era.
Ma veniamo ai motivi veri
Lo studio del greco antico è considerato tradizionalmente parte di una formazione intellettuale completa. Insegnare il greco antico non solo aiuta a comprendere i testi originali di molti importanti filosofi, poeti e storici greci, ma sviluppa anche abilità analitiche e linguistiche avanzate.
Molti testi classici sono scritti in greco antico, e lo studio di questa lingua consente agli studenti di accedere direttamente alle fonti originali di opere letterarie, filosofiche e storiche.
Un modo come un altro per preservare la tradizione?
Forse. Ma anche una garanzia pedagogica di apertura mentale, di studio sistematico e scevro da pregiudizi di una cultura “altra”.