Il teatro laboratorio non è solo un luogo fisico di messinscena, ma di un vero e proprio “laboratorio” creativo dove attori, registi e drammaturghi collaborano per esplorare nuove forme di espressione artistica.
Gli inizi del teatro laboratorio
Le radici del teatro laboratorio affondano nei movimenti avanguardistici del XX secolo, quando artisti come Jerzy Grotowski in Polonia e Eugenio Barba in Danimarca hanno iniziato a sfidare le convenzioni teatrali tradizionali. Grotowski, in particolare, con il suo “Teatro Laboratorio” fondato nel 1959, ha rivoluzionato il modo di concepire la relazione tra attore e spettatore, enfatizzando l’importanza del processo creativo rispetto al prodotto finale.
Una delle caratteristiche distintive del teatro laboratorio è l’enfasi sul processo piuttosto che sul risultato. Gli attori sono incoraggiati a sperimentare, improvvisare e scoprire nuove modalità di espressione. Questo approccio richiede una forte collaborazione e fiducia all’interno del gruppo, poiché tutti i partecipanti contribuiscono attivamente allo sviluppo dello spettacolo.
Un’altra peculiarità è l’abbattimento delle barriere tra attore e spettatore. Spesso le performance si svolgono in spazi non convenzionali, permettendo una maggiore interazione e coinvolgimento del pubblico. L’obiettivo è creare un’esperienza teatrale più intensa e significativa, che vada oltre la semplice fruizione passiva.
Figure significative
Oltre a Grotowski e Barba abbiamo Peter Brook e il suo lavoro con il Centre International de Recherche Théâtrale. In Italia, il Teatro Laboratorio di Verona, fondato da Alessandro Anderloni, ha contribuito a diffondere questo approccio innovativo nel panorama teatrale italiano.
Il teatro laboratorio ha avuto un impatto significativo sul teatro contemporaneo, introducendo nuove tecniche. L’aspetto positivo è senza dubbio l’alta diffusione di queste tecniche anche in contesti più tradizionali.