” Nato il 3 maggio 1938 a Cheshire, sull’isola di Lewis in Inghilterra (”ma quando torno lì, oggi, mi sento uno straniero”, raccontava recentemente), Kemp si era avvicinato alla danza nonostante l’opposizione della madre. Leggenda narra che fosse stato cacciato dall’Accademia navale per aver interpretato una Salomè ricoperto solo di carta igienica (”e il problema era lo spreco di carta”, ironizzava). Cresciuto alla scuola del Ballet Rambert, si era poi perfezionato con Sigurd Leeder, Charles Wiedman e soprattutto con Marcel Marceau, il mimo francese creatore di Bip, che gli ”diede le mani”, in una doppia accezione. ”Le trasformò da boxeur in ali di farfalle”, come diceva Kemp. Ma gli regalò anche il pezzo ”Le mani”, come dono tra maestro e allievo”.
Addio a Lindsay Kemp
Una biografia che ha il suo incipit in una provincia e in una sequela di attività onerose, che non capiscono il genio dell’artista celato sotto un’apparente inettitudine.
Ma Lindsay Kemp non ferma la sua urgenza artistica, non ferma il suo labor limae per diventare un’icona della danza moderna.
Lo conosciamo poco
Molti di noi lo conoscono per i video di David Bowie, o perché fu in contatto con Nureyev e con il Cirque Nouveau.
La sua grazie, la sua leggiadra eleganza, e insieme l’alienazione armonica di certi suoi costumi, che generano con l’ammicco orientaleggiante un senso di alterità. Salvo poi sfociare, con serenità che solo la danza può conferire, di nuovo nell’alveo protetto del corpo universale, e della musica.
Un grande artista, che ha avuto una collaborazione degna di nota non solo con Bowie, ma anche con Kate Bush, e con Peter Gabriel.
Una figura che è stata a cavallo tra avanguardia della danza moderna e cultura pop, e insieme straordinariamente ancorato a una dimensione di follia, di genio assolutamente personale e personalizzato.
Abbiamo perso un grande artista.