Si chiama Villa Settefinestre, ed è quanto resta di una villa rustica romana.
Villa rustica e villa urbana
Abbiamo parlato della Villa Adriana e di come la sua struttura possa entrare nella vasta classificazione di “villa urbana”. Queste erano dimore nelle quali si svolgeva la vita sociale dei possidenti e ricchi in età imperiale, dove si andavano a trascorrere dei momenti di residenza in otium letterario. Qui non c’era, tuttavia, produzione agricola. Il concetto della villa rustica è invece più calzante con le odierne dacie nelle zone di campagna dell’ex Unione Sovietica. Se oggi si percorrono le campagne bielorusse, è pieno di appezzamenti di terreno impegnati da famiglie che qui passano dei brevi periodi, e che magari affidano la conduzione di queste casette con campicelli e orti agli anziani di famiglia.
Ecco, togliendo l’aspetto sociale che questo genere di strutture hanno, immaginiamoci adesso la mezzadria. Contando che il mezzadro si vede affidata la coltivazione di un pezzo di terreno, questo ha cominciato ad avvenire all’incirca nella tarda età imperiale.
Villa Settefinestre
Questa villa potremmo dire che afferisce al secondo tipo, quello di villa rustica.
Ha costituito un caposaldo della storia archeologica, perché rappresentazione di un nuovo interesse negli scavi, prettamente improntato alle evoluzioni tecnologiche e agricole.
La villa si trovava vicino a una colonia romana del terzo secolo, Cosa, che si trova sulla Via Aurelia.
In seguito alle guerre civili gli abitanti della colonia la abbandonarono in massa. Qui rimasero solo gli schiavi addetto alla coltivazione dei campi circostanti.
Pur essendo una struttura grande, stratificata e ricca di ambienti, qui non sono stati rinvenuti oggetti preziosi, o arredi, o elementi architettonici che facciano pensare a un uso signorile. Se pensiamo alle Georgiche o all’agricoltura descritta da Varrone, possiamo forse immaginarci più agevolmente come dev’essere stato vivere e lavorare in un posto del genere.