Siamo in molti casi abituati a percepire il picco più alto dell’esperienza greca antica come una tendenza vieppiù estetica.
Aristotele già scriveva della teoria sul teatro quando questo aveva raggiunto una altissima qualità spettacolare, nel senso che aveva una finalità di intrattenimento audio-visiva, piuttosto che essere un genere sui cui testi si discettava.
Sarebbe sbagliato però, a mio avviso, intendere l’esperienza del teatro greco unicamente in senso di rappresentazione audio-visiva, come anche di mera interpretazione del testo. Il tetro nasceva in Grecia come religioso, nato per le celebrazioni festive in onore di Dioniso. Non si può ignorare quest’aspetto allorquando si vada a analizzare la composizione di personaggi delle commedie e della tragedie, ad esempio. Nelle tragedie, o almeno a quelle alle quali siamo stati abituati anche dal commento di Aristotele, i personaggi sono nobili. Nelle commedia è invece concessa anche all’accattone la possibilità di recitare qualche battuta su un canovaccio, oppure di contravvenire al senso comune pilotato dalla fama e dal rispetto dell’autorità del suo autore.
Va considerato anche l’aspetto politico e agonistico della tragedie e della commedia greca. Politico, come prevedeva la Costituzione di Atene del V secolo. Politico anche in quanto occasione per dileggiare i potenti dell’epoca e per inscenare caricature gossipare al mondo che un ateniese era abituato a sentire attorno a sé.
Agonistico, perché come ben si sa gli autori erano in gara tra di loro, durante le Grandi Dionisie o Dionisie Urbane, che duravano per sette giorni dalla mattina al tramonto. La partecipazione dei lavoratori era auspicata, al punto che il governo della città garantiva veri e propri sistemi di compensazione per chi perdeva lo stipendio giornaliero a causa delle rappresentazioni.
Insomma, il teatro greco aveva degli aspetti ulteriori rispetto al “nostro” teatro, ma soprattutto aveva molti elementi scenici che val la pena di considerare come unici nel loro genere.