Nonostante i principi difensivi, pacifisti e illuminati professati in gioventù, il sovrano prussiano Federico II fu tutt’altro che pacifico. Anzi, durante la guerra dei 7 anni si prodigò in manovre tattiche che diventeranno poi un argomento succoso per i trattati di storia bellica successivi.
Un pacifista sulla carta
Se lo conosciamo come amico di penna e estimatore del celebre Voltaire, dovremmo vedere più attentamente tutti i suoi trattati, e dovremmo filtrarli attraverso quella che fu poi la sua reale attività di governo.
Ad esempio, prendiamo il suo “Anti-Machiavelli”. Sottotitolato “Saggio critico sul Principe di Machiavelli”, il saggetto fu stimato, recensito e pubblicato da Voltaire in persona. Pubblicato per la prima volta in francese nel 1739, il saggio rilegge in ottica critica l’opera dello scrittore italiano.
In sostanza, l’idea della pace e della stabilità dei rapporti tra i popoli è da preferire a qualsiasi tentativo di colonialismo o guerra di conquista.
L’inizio della guerra
Non fu pacifico l’intento di Federico II quando nell’agosto del 1756 invase la Sassonia, storico alleato della Francia e dell’Austria. Questo sebbene il principio fosse quello del difendersi, visto lo scontro appena intercorso tra Inghilterra e Francia nei rispettivi possedimenti coloniali.
Una strategia ottimale, perché secondo la moderna storiografia la Sassonia contribuì per circa un terzo al totale delle spese belliche sostenute dalla Prussia nella guerra dei 7 anni.
Asburgo e Borbone, un’alleanza insolita contro Federico II
Il gesto di Federico II provocò diversi mal di pancia ai sovrani europei. Tra questi mal di pancia spicca il secondo trattato di Versailles, stipulato dagli Asburgo e dai Borbone, all’epoca due delle più grandi dinastie europee.
Così come l’invasione della Germania del Belgio nella Prima Guerra mondiale non fu affatto vista di buon occhio dalla borghesia e dai restanti governi europei.
L’unica soluzione percorribile, per la Prussia? Difficile a dirsi valutando solo le informazioni in nostro possesso, quello che però possiamo dichiarare è che l’acume politico e tattico di Federico II non può essersi sbagliato completamente, stavolta.