È un addio commosso quello che devo tributare a David Sassoli. Un personaggio che ha segnato non solo l’immaginario di chi, come me, ogni sera ascoltava il suo commento pacato al Tg1, ma anche di chi ha seguito e commentato la politica internazionale europea dell’ultimo periodo.
A questo proposito diventa toccante riascoltare l’ultimo messaggio che Sassoli ha diffuso prima del ricovero, che come un augurio di fine anno invita all’approfondimento, alla critica e all’informazione responsabile e corretta.
Ha ricevuto tanti addii commossi, anche perché un Presidente del Consiglio europeo non passa certo inosservato. Tutto iniziava nel 2009, ormai oltre 10 anni fa, quando Dario Franceschini l’aveva candidato per il Parlamento Europea.
Al di là del colore politico, sempre e per sua natura profondamente divisivo, di Sassoli non possiamo non apprezzare la professionalità, competenza e presenza critica. Una persona che della libertà di stampa non faceva bandiera su cui sventolare i propri mini-egocentrismi.
Sassoli è il testimone forse di un mondo scomparso, dove la libertà di stampa ancora si equivaleva a una forma di resistenza all’ordinario, al ripetitivo, alla melma di grigiore che accompagna l’assenso cieco, e con esso la morte di ogni possibile residuo razionale.
Il sonno della ragione è l’esatto contrario della libertà di stampa, nell’idea che Sassoli aveva del giornalismo.
Che dire, in un mondo in cui l’anarchismo ostentato e il marketing prendono il posto di questi concetti?
Forse il messaggio che ci dà Sassoli è che l’eccessiva libertà, se non accompagnata dal rigore metodologico e morale, può divenire in primis una gabbia per il giornalista, e in seconda battuta l’incipit di una società repressiva e oscurantista.
Ora che lo stiamo imparando a nostre spese, non possiamo più ignorare la realtà che questi Veri Giornalisti ci stanno consegnando. Non lasciamo che diventi lettera morta.
Non oggi, che ci ritroviamo ad averne un disperato bisogno.