C’è chi ha parlato di simbolo dell’Occidente, chi di simbolo della Francia.
Simboli o no
Non trovo personalmente il discorso calzante, soprattutto in un’epoca densa di terrorismi, che hanno riportato la violenza del simbolo in auge anche nel nostro contesto assuefatto alla pax populi. Simbolo è l’umanità, se si parla di popoli e di umanità, o simbolo è un episodio, che si configura come simbolico. Il dolore può essere simboleggiato da un episodio di dolore, così almeno è per la mia percezione della sofferenza collettiva.
Quindi un dolore diventa antonomasia, diventa archetipo. Ma non lo diventa un’opera d’arte, o meglio non lo diventa per un sentire collettivo. Mi spiego meglio: se voglio dire che è bruciato un simbolo, ha senso dirlo soltanto se ci si riferisce alla storia dell’arte.
E’ bruciato un simbolo del gotico europeo. Certo. E’ bruciato un simbolo del malrestauro. Senza volerne a nessuno, ma finora l’ipotesi più plausibile, se non l’unica fornita ai media, è quella dell’incendio causato da malfunzionamenti di cantiere.
Brucia Notre Dame
Notre Dame che brucia può farci effettivamente cadere nella tentazione di pensare al simbolo. Siamo noi stessi con la nostra educazione cattolica, che stiamo bruciando. Questo vale per qualcuno, per altri si parla di educazione all’arte, educazione alla bellezza. Educazione, anche e semplicemente, alla storia.
Ma ecco, nonostante tutta questa introduzione vorrei precisare che cosa ho sentito, io, quando ho visto il tetto in fiamme. Ho visto la distruzione lambire uno degli esempi più fulgidi dell’operosità costruttiva e artistica umana. Ho visto il direttore dei cantieri con le mani nei capelli, spero per lui non con la carriera rovinata.
Quindi sì, è bruciata qualche parte del nostro inconscio, con la contro-soffittatura. Ogni libero pensatore, ogni gruppo, ogni media si affannerà sicuramente a capire quale.
Homo sum. Humani nihil a me alienum puto (Terenzio)