Senofonte nacque nel quinto secolo avanti Cristo, da una famiglia benestante nel demo attico di Erchia. La sua educazione fu di prim’ordine, e quando fu il momento di scegliere una militanza, Senofonte si adeguò ai suoi pari, scegliendo di parteggiare per i cavalieri.
La sue tendenze conservatrici si conoscevano, al punto che sul finale della guerra del Peloponneso si dimostrò un po’ troppo filospartano. Dopo la restaurazione democratica voluta da Trasibulo, la vox populi cominciò a disdegnarlo. Si allontanò da Atene con un pretesto politico.
Ciro il Giovane, fratello minore del re di Persia Artaserse II, stava raccogliendo attorno a sé milizie e intellettuali, per partire alla detronizzazione del fratello.
Arruolato volontario
Senofonte vide in questa possibilità un’occasione d’avventura e di crescita intellettuale, e si unì al contingente. Forse non la scelta più oculata di tutte, perché non appena se ne andò dalla città, lo dichiararono esiliato. Il bando fu revocato solo nel 370, quando Senofonte aveva circa 50 anni.
Nel frattempo, la spedizione con Ciro il Giovane si rivelò fortunata, e da questa l’intellettuale greco scrisse l’Anabasi.
La Grecia però chiamava, e non potendo tornare ad Atene, l’uomo scelse come nuova patria d’elezione Sparta.
Tutti uniti contro Tebe
La vicenda di Senofonte può essere utile per contestualizzare il comune detto “chiodo schiaccia chiodo”. Infatti, non appena la potenza di Tebe cominciò a diventare una seria minaccia per la sopravvivenza delle altre polis, Atene cominciò a interessarsi nuovamente al suo cittadino esiliato.
Nella fattispecie, i rapporti tra Atene e Sparta sembrarono tornare alla normalità (e intendo la normalità pacifica, ovviamente).
In nome della nuova pace, il bando politico contro Senofonte venne così cancellato, e lui lasciò che i due figli andassero persino a combattere nella battaglia di Mantinea. In cuor suo non aveva probabilmente mai tradito la natia Atene.
Ne perse uno dei due.