La mostra di Albrecht Dürer a Palazzo Reale è finita il 24 giugno dell’anno in corso, e, disgrazia, non sono riuscito ad andarci.
Dürer, un simbolo anche per noi
Ricordo, mi pare a metà degli anni ’90, della scoperta di un ritratto su metallo della bottega del Bronzino. Gli astanti sembravano essere Leonardo da Vinci, Albrecht Dürer e Tiziano. Un manufatto risalente alla seconda meta’ del 1500, attribuito al Bronzino.
Una filiazione se non scontata quantomeno invocata, che prevede il maestro di Norimberga padre putativo del Nostro Leonardo e dei primordi del Naturalismo. Inteso scremato dalle sovrastrutture successive, come osservazione della Natura e resa pittorica della materia così com’è, così come si presenta, in un fondamentalismo mimetico, come vorrebbe Aristotele.
Oltre Leonardo
Curioso che dopo Leonardo venisse raffigurato proprio Tiziano, non certo un simbolo canonico di maniera, però famoso in ambiente sia fiorentino, dove Bronzino o la bottega del Bronzino erano locati, sia Mitteleuropeo.
Curioso che proprio il Bronzino avocasse radici leonardesche, penso più per una forma di apprezzamento che per un connotarsi come seguace. Ma in fondo, come l’insegnamento impressionista, il naturalismo leonardesco non è forse un invito alla scrematura dei preconcetti di poietica e estetica? Intendo, piuttosto di una richiesta di sudditaggio.
Più un Tiziano
In effetti Bronzino cade più verso Tiziano, ma non voglio soffermarmici troppo. Ho perso la mia occasione di andare alla mostra di Dürer, che mi evoca sempre questi scontri postumi, e poi mi rilassa nella contemplazione della precisione nei confronti del dettaglio.
“Il dibattito religioso e spirituale come substrato culturale delle opere di Dürer, il suo rapporto con la committenza attraverso l’analisi della ritrattistica, dei soggetti mitologici, delle pale d’altare, la sua visione della natura e dell’arte tra Classicismo e Anticlassicismo, la sua figura di uomo e le sue ambizioni d’artista” diceva la descrizione della mostra.
Ad maiora.