Forse l’opera della tragedia classica che più rappresenta il conflitto presente nel popolo tra obbedienza a una legge morale interiore e invece adeguamento alla legge dello Stato.
L’Antigone presenta una trama abbastanza semplice: Antigone e Ismene sono due sorelle, i cui fratelli Eteocle e Polinice sono stati uccisi; a uno dei due, Eteocle, verranno tributati gli onori funebri, mentre l’altro, riconosciuto come traditore, si ritrova con la degna sepoltura negata.
La vicenda: epigoni letterari
La vicenda prende le mosse dalla fine dei “Sette 7 a Tebe di Eschilo, collocandosi così come una sorta di sequel di una tragedia molto famosa presso il popolo.
Inoltre, il tema è ben noto perché è già stato affrontato da Sofocle stesso nell’Aiace: anche qui si parlava della negazione della sepoltura e l’estrema vendetta contro un nemico.
Per chi ha fatto studi classici o epici l’argomento della negazione della sepoltura non può che evocare il trattamento disdicevole che Achille riserva al antico avversario Ettore.
L’avversario – nel caso di Achille – non è sottoposto alle regole, alle consuetudini, alle leggi, al fair play o che dir si voglia: l’eroe dal piè veloce lega l’antico nemico al proprio carro e lo trascina fino a sfigurarlo.
In più, non consente alla famiglia di bruciarlo su una Pira, come si conviene un uomo d’onore, ma lo lascia preda dei corvi.
A nulla valgono le richieste degli amici e dei conoscenti e l’appello alla razionalità: l’ira funesta di Achille e anche in grado di contrastare la consuetudine del culto dei morti.
Il culto dei morti negato
Certamente Sofocle conosceva perfettamente questi esempi e il popolo anche. Non per niente, dopo aver scritto e rappresentato l’ Antigone virgola ebbe una popolarità tale che gli fruttò la nomina a stratega nel 441 a.C.
L’Antigone tratta quindi di una tragedia molto popolare, molto studiata e che ci permette di capire cosa pensavano i nostri antenati culturali più autorevoli, i greci, in merito al contrasto tra legge umana e legge divina.
(Continua)