Joyce è uno scrittore che ha esplorato la lingua in tutte le sue dimensioni.
Deve essersi vantato una volta di poter fare qualsiasi cosa con il linguaggio, a livello stilistico ma anche per le sue consistenti innovazioni tecniche della narrazione, come l’ormai arcinoto flusso di coscienza.
Nel racconto “Le sorelle”, che Joyce compose all’età di 22 anni, un ragazzo contempla la morte imminente di un vecchio prete che conosceva bene: ogni sera, mentre guardavano la finestra, ripetevano a sé stessi la parola “paralisi”. Aveva sempre avuto un suono strano nelle mie orecchie, come la parola “gnomone” nell’Euclide e la parola “simonia” nel Catechismo.
Ma ora mi sembrava il nome di qualche essere malefico e peccaminoso. Mi riempiva di paura, eppure desideravo essere più vicino ad esso e di guardare la sua opera mortale.
Il ragazzo si inizia a orientare immediatamente verso parole strane e di origine straniera, che in realtà sono un po’ difficili da tradurre in italiano (paralisi, ricordiamo, in inglese è un conio sul greco antico, come del resto in italiano, ed è percepito come parola fortemente straniera).
Gnomone invece è un termine tratto dagli Elementi di Geometria di Euclide; simonia invece, per noi sdoganato dall’Inferno dantesco, è per l’inglese un termine desueto, famigliare solo per chi ha letto gli Atti degli Apostoli: qui il mago Simone cerca di comprare il potere spirituale.
Nel brano che ho riportato di Joyce (senza virgolette perché non potrei mai ambire a una traduzione precisa) questi termini salienti ossessionano la mente di un ragazzo impressionabile,
Sono in molti a sostenere che, per queste e altre occorrenze, Joyce scriva in un inglese cosiddetto straniero.
Più volte i personaggi joyciani si soffermano sul significato di un’espressione, ed è il caso che lo facciano per emulazione anche i lettori.
Molly Bloom, nel suo monologo finale, si chiede perché chiamiamo l’arsenico in questo modo, insieme al significato di “metempsicosi”.
Insomma, Joyce sicuramente ambisce a farci fare una scoperta linguistica con le sue pagine, che sono interessanti sia formalmente, sia da un punto di vista narrativo.