Battenti chiusi da tempo agli occhi profani, che celano monasteri antichi dal valore artistico e storico incredibile.
Questo è il Leitmotiv dell’apertura di ben 30 luoghi sacri lungo la via Emilia avvenuta il 17 e 18 ottobre (peccato, per chi come me se l’è persa!), nel rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid.
Iniziativa monasteri antichi
L’iniziativa è firmata dalla Regione Emilia Romagna l’associazione dei Cammini e la Conferenza Episcopale, e prevede che i luoghi siano aperti non solo per le visite artistiche, condotte da guide esperte, ma anche per il trekking nelle antiche vie del pellegrinaggio.
Insomma, un’esperienza suggestiva che nasce con il preciso intento di calare lo spettatore in un luogo storico. Non abbiamo qui un reperto in teca, né un trattato di storia sui monasteri sulla via Emilia in epoca medievale.
Si tratta di una vera e propria esperienza.
Questo format risponde un po’ alla tendenza che i musei italiani, e in generale la divulgazione della storia dell’arte, sa attraversando in questo ultimo decennio: l’experience.
Vivere l’arte, non solo studiarla!
“Experience” non è una traduzione esatta dall’italiano “esperienza”, o almeno non totalmente sovrapponibile.
Per capire meglio, pensiamo al concetto di performance artistica. Non prevede una fruizione passiva, a differenza del museo classico. E, in più, è calata in un preciso periodo storico.
Potremmo vivere questa apertura dei monasteri come un concetto di experience, se vogliamo attualizzare a tutti i costi.
Però, possiamo anche metterci le lenti dello storico e dell’archeologo, che da sempre fanno lunghe migrazioni per andare a cercare esattamente quel luogo in cui (mettiamo) Annibale ha passato le Alpi, o Filippo il Macedone ha investito il figlioletto Alessandro del primo comando militare, eccetera.
Quindi, ben vengano questi luoghi aperti al pubblico.
E un plauso al Duomo di San Donnino di Fidenza, che oltre ad aver aperto al pubblico, ha anche offerto un concerto di musica medievale.
Se non è experience questa!