La sua voce era caratterizzata da una notevole gamma espressiva, la sua tecnica e modulazione sono tuttora irraggiungibili. Non credo nemmeno che abbia senso la disputa tra tebaldiani e callasiani.
I suoi personaggi, un’intensità drammatica senza paragoni.
I suoi maestri
Per quanto riguarda i suoi maestri, Maria Callas ha ricevuto lezioni da alcuni insegnanti d’eccezione, come Elvira de Hidalgo, una soprano spagnola, e Maria Trivella, italiana.
Ammirava particolarmente Rosa Ponselle, soprano americana dal timbro potente e dalla grande caratura drammatica. Abbiamo poi un’innegabile influenza artistica mutuata da Enrico Caruso e Titta Ruffo, ma anche da grandi registi teatrali e registi musicali del suo tempo, come Visconti, Zeffirelli e – come dimenticarlo – Pasolini, per cui ha creato una Medea a mio parere indimenticabile e archetipica. Ha lavorato a stretto contatto con loro, modulando non solo la propria voce, ma anche creando una presenza scenica un po’ ieratica, a mio parere davvero secondo un suo marchio di fabbrica.
Ma chi era Maria Callas?
Nata il 2 dicembre 1923 a New York City e morta il 16 settembre 1977 a Parigi, Maria Callas ha lasciato nella sua breve e fulminante carriera un segno indelebile nel panorama lirico.
Verdi e Bellini, i suoi cavalli di battaglia, ma quando ha iniziato la sua carriera negli anni ’40 era ben lungi dall’avere la struttura timbrica e la tecnica che l’hanno resa di lì a poco estremamente richiesta dai teatri d’opera di tutto il mondo.
Possiamo dire che l’apice del suo studio personale e quindi del suo successo siano arrivati da metà degli anni ’50. Verso la fine della sua carriera, Callas ebbe problemi vocali e la sua voce iniziò a perdere parte della sua bellezza e flessibilità precedenti. Si ritirò ufficialmente dalle scene nel 1965 e trascorse gli ultimi anni della sua vita in relativa solitudine.
Potrei parlare della sua vita sentimentale tumultuosa. Potrei menzionare Onassis. Oppure potrei limitarmi a questo piccolo omaggio, lasciando che la vita privata, soprattutto le sue parentesi più infelici, rimangano dove sono, e cadano com’è giusto che sia nell’oblio.
Ars gratia artis!