Ho appena visto la copertina del The New Yorker per il primo numero del 2024. Non la posso riportarla per motivi di copyright, ma proviamo a descriverla.
Sullo sfondo, i botti di Capodanno visti da una finestra.
In primo piano, una stanza con una scrivania su cui sta un computer acceso.
Al computer, una donna con le mani sulla scrivania e lo sguardo alla finestra.
Bilanciamento vita e lavoro
Ho sentito molto più spesso nell’ultimo decennio parlare di bilanciamento tra vita e lavoro, di tempo di qualità, e della propensione delle nuove generazioni a trovare dei posti di lavoro che non chiedano loro scadenze impossibili e lavoro di notte. Forse per chi come me ha vissuto gli strascichi del boom economico, questa discussione non ha molto senso.
Di fronte a una prospettiva di crescita molto consistente, si accetta di lavorare fino a sera tardi, e non si sta troppo a rimuginare.
Non mi riesce difficile credere che un giovane a cui oggi viene chiesto di sacrificare la festa di Capodanno la domenica per un lavoro che potrebbe in realtà benissimo svolgere in un altro momento, non creda che il beneficio per otterrà in cambio possa essere così consistente.
Rinuncia alla socialità
Non ci pensiamo mai, ma la rinuncia alla socialità non deve essere facile.
Per noi ci sono stati Natali, Capodanni, domeniche… Per le famiglie con figli, il tardo pomeriggio e la sera erano il tempo da dedicare ai figli e se capitava che il babbo stesse fuori fino a tardi, era perché il suo reddito consentiva alla famiglia di tirare avanti con dignità e a volte con la prospettiva di fare una vita da benestanti.
Quando si studia la nascita dell’era moderna e del tempo concepito in modo borghese, con l’orologio al taschino, si parla di posticipazione del premio. Pensiamo agli esperimenti svolti sui bambini in cui viene loro chiesto se vogliono avere una cubetto di cioccolata subito o una tavoletta intera 10 minuti dopo.
Il tempo dell’orologio è quel tempo di posticipazione, di sacrificio e di notte in bianco per rispettare una scadenza.
“Scadenza” (Deadline) è proprio il titolo di questa copertina. Ma i giovani adulti oggi ci credono ancora al sogno che era stato promesso a noi alla loro epoca? In un mondo di precarietà e di redditi livellati, ha ancora senso sacrificare la propria vita?